M5 è un nuovo target per la dipendenza da alcool

 

 

DIANE RICHMOND

 

 

 

NOTE E NOTIZIE - Anno XV – 10 marzo 2018.

Testi pubblicati sul sito www.brainmindlife.org della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a notizie o commenti relativi a fatti ed eventi rilevanti per la Società, la sezione “note e notizie” presenta settimanalmente lavori neuroscientifici selezionati fra quelli pubblicati o in corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui argomento è oggetto di studio dei soci componenti lo staff dei recensori della Commissione Scientifica della Società.

 

 

[Tipologia del testo: RECENSIONE]

 

Nonostante i progressi compiuti negli ultimi due decenni nella conoscenza dei processi molecolari e cellulari indotti dall’uso cronico e tossicomanico dell’etanolo, il problema clinico e sociale del disturbo da abuso di alcool[1] rimane ancora di grave attualità, per molte ragioni. Fra queste, ricordiamo la nuova diffusione tra i giovanissimi e l’impiego in associazione con altre sostanze psicotrope per mitigarne gli effetti di eccitazione, o in sostituzione di una droga non disponibile o, ancora, in associazione sistematica con altre sostanze d’abuso (polidipendenza). Escludendo i casi, purtroppo numerosi, che rifiutano il trattamento, quando un piano terapeutico può essere concordato con etilisti cronici, bisogna affrontare il limite dei farmaci attualmente impiegati nel fare fronte a due evenienze comuni: le ricadute e l’abitudine a bere oltre i limiti necessari ad evitare i circoli viziosi compulsivi (heavy drinking)[2].

Il rischio di sviluppare una dipendenza da alcool dipende da una complessa interazione tra fattori genetici e ambientali, fra i quali lo stress riveste un’importanza particolare. La quantità di alcool assunto e la durata dell’assunzione hanno un notevole valore, perché l’uso cronico influenza questa interazione, innescando modificazioni epigenetiche e accrescendo (upregolation) sensibilità ed intensità di risposta dei sistemi dell’organismo ad agenti stressanti. Si ritiene che l’assunzione costante di quantità elevate determini inevitabilmente lo sviluppo di dipendenza[3].

L’etilismo è considerato un disturbo cronico recidivante, e il problema principale della dipendenza da alcool è la vulnerabilità alle recidive anche dopo lunghi periodi di astinenza. Infatti, in passato si ottenevano risultati apparentemente soddisfacenti anche con il semplice impiego del disulfiram (antabuse) che, all’assunzione di alcool, causa accumulo di acetaldeide per inibizione dell’aldeide deidrogenasi con conseguente sviluppo di nausea ed altri sintomi che inducono repulsione[4]. Ma, seguendo nel tempo i pazienti, si rilevava che in genere, dopo un periodo di astensione, molti scendevano a compromessi, riprendendo prima occasionalmente, poi assumendo dosi moderate con una certa frequenza e, infine, ricadendo nell’assunzione patologica.

La ragione di questa tendenza alle recidive è nello sviluppo di modificazioni neurofunzionali di adattamento (neuroadaptations) che sono state indagate e definite in dettaglio da numerosi studi.

L’etanolo interagisce direttamente sia con canali ionici regolati dal voltaggio sia con canali regolati da ligando, e i suoi effetti di rinforzo sono mediati da vari sistemi neuronici. Nel trattamento sono state esplorate nuove possibilità, come l’impiego dell’antagonista oppioide naltrexone[5], in passato riservato alla tossicodipendenza da eroina, e l’acamprosato, il cui meccanismo d’azione è meno bene definito ma mostra una certa efficacia nel contrastare lo stato iperglutammatergico associato all’astinenza alcolica. Tuttavia, i limiti di ciascuna strategia di cura e le recidive favorite dall’adattamento funzionale indotto dall’etanolo, suggeriscono la prosecuzione della ricerca per approfondire la conoscenza molecolare della patologia associata all’abuso di alcool e trovare terapie più efficaci.

In questo ambito, si inscrive un interessante studio che ha dimostrato, per la prima volta, che la modulazione allosterica negativa di un recettore muscarinico dell’acetilcolina, cioè M5, riduce il comportamento di assunzione e di ricerca dell’alcool.

(Berizzi A. E., et al., Muscarinic M5 receptors modulate ethanol seeking in rats. Neuropsychopharmacology – Epub ahead of print doi: 10.1038/s41386-017-0007-3, 2018).

La provenienza degli autori è la seguente: Drug Discovery Biology, Monash Institute of Pharmaceutical Sciences, Monash University, Parkville (Australia); The Florey Institute of Neuroscience and Mental Health, Parkville (Australia); Centre for Drug Candidate Optimisation, Monash Institute of Pharmaceutical Sciences, Monash University, Parkville (Australia); Departments of Pharmacology and Chemistry, Vanderbilt Center for Neuroscience Drug Discovery, Vanderbilt University, Nashville TN (USA).

L’etanolo interagisce con una gamma di canali ionici diversi che, a parte i canali del Ca2+ tipo L e i canali GIRK, sono i recettori GABAA, NMDA, glicina, 5-HT3[6] e nACh, ossia il recettore nicotinico[7] che è stato particolarmente indagato in rapporto all’abuso di alcool, a differenza dei cinque stotto-tipi di recettori muscarinici.

Berizzi e colleghi hanno dimostrato, per la prima volta nel ratto, che un modulatore allosterico negativo selettivo e centralmente attivo del recettore muscarinico dell’acetilcolina (mAChR) M5, ossia ML375, riduce l’auto-somministrazione di etanolo ed attenua il ritorno, indotto da stimoli evocatori, alla ricerca di alcool nei ratti iP (ethanol-preferring).

Gli esperimenti di verifica hanno dimostrato che ML375 non influisce sull’auto-somministrazione di saccarosio, né agisce sull’attività locomotoria in genere. Pertanto, si può dedurre, fino a prova del contrario, che questo modulatore allosterico degli M5 determini un effetto specifico sulla ricerca di etanolo.

La fase successiva dello studio si è basata sul profilo di espressione dei recettori mACh M5 nel cervello, e sui ruoli distinti che hanno aspetti differenti dello striato dorsale sull’assunzione dell’alcool etilico per un tempo protratto, come nella dipendenza, o per un tempo breve, come nell’intossicazione alcolica acuta. I ricercatori hanno praticato delle microiniezioni intra-striatali di ML375, per verificare se questa diretta somministrazione nelle sedi dei neuroni riceventi la segnalazione colinergica determinasse modulazione nel comportamento di assunzione spontanea dell’alcool da parte dei roditori. Il saggio degli effetti della diretta immissione nello striato del modulatore allosterico negativo dei recettori muscarinici è stato effettuato comparando gli esiti per sedi topografiche (striato dorso-laterale e striato dorso-mediale) e con la vareniclina, ligando dei recettori nicotinici dell’acetilcolina (nACh)[8] che ha una dimostrata efficacia preclinica e clinica nel ridurre gli effetti di rinforzo dell’etanolo. I risultati dimostrano che, nei ratti iP con una lunga storia di assunzione di etanolo, le iniezioni di ML375 nella sede dorso-laterale (DL) dello striato riducevano significativamente l’auto-somministrazione di alcool. La riduzione era simile a quella che si è ottenuta con la vareniclina. Al contrario, le iniezioni nella regione dorso-mediale (DM) dello striato non producevano questi effetti terapeutici.

Questi dati indicano la regione DL dello striato quale sede elettiva degli effetti dei farmaci agenti sul sistema colinergico, per la riduzione della richiesta e ricerca di alcool nei ratti con una lunga storia di assunzione di alcool etilico.

La verifica comportamentale ha consentito a Berizzi e colleghi di dimostrare nei ratti che l’azione selettiva sul recettore muscarinico dell’acetilcolina M5 può modulare sia l’assunzione volontaria di etanolo, sia la ricerca dell’alcool indotta da stimoli evocatori. Tale dimostrazione rappresenta una diretta evidenza della possibilità di considerare M5 quale nuova sede per l’azione farmacologica di molecole efficaci nel trattamento dei disturbi causati da assunzione protratta, eccessiva e compulsiva di alcool.

 

L’autrice della nota ringrazia la dottoressa Isabella Floriani per la correzione della bozza e invita alla lettura delle numerose recensioni sulle basi fisiopatologiche e le possibilità terapeutiche dei disturbi da abuso di alcool che appaiono nella sezione “NOTE E NOTIZIE” del sito (utilizzare il motore interno nella pagina “CERCA”).

 

Diane Richmond

BM&L-10 marzo 2018

www.brainmindlife.org

 

 

 

 

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[1] Si è scelto di seguire la definizione della tradizione psichiatrica italiana e non quella del DSM (attualmente DSM-5), ossia “disturbo da uso di alcool”, perché non è il semplice uso, ossia l’assunzione sporadica e moderata, a causare alterazioni patologiche, ma è l’abuso (inteso quale eccesso per quantità, frequenza e durata, o uso improprio, come nell’assunzione non alimentare ma finalizzata ad ottenere modificazioni psichiche, nell’uso compulsivo e nell’associazione con altre sostanze psicotrope) il responsabile dei disturbi.

[2] Il National Institute on Alcohol Abuse and Alcoholism (NIAAA, USA) ha definito l’assunzione compulsiva di etanolo (binge drinking) come uno stato che porta la concentrazione ematica di alcool a 0.08 g/dl. L’amministrazione SAMHSA della NIAAA considera heavy drinking la presenza di binge drinking per 5 o più giorni nell’ultimo mese.

[3] Cfr. Brady, Siegel, Albers, Price (eds), Basic Neurochemistry, p. 149, Elsevier AP, 2012.

[4] Il disulfiram è scarsamente tollerato da una parte di pazienti e la sua induzione di sintomi quali tachicardia ed ansia ne controindicano l’uso in molti altri casi. A queste restrizioni all’uso, si aggiunga che l’assunzione di tutti i farmaci che inducono sensazioni spiacevoli finalizzate alla disassuefazione è rifiutata dalla maggioranza degli etilisti.

[5] L’efficacia del naltrexone è limitata ai pazienti con una particolare variante allelica del recettore μ per gli oppioidi, che conferisce un’accresciuta euforia da alcool (bloccata dal naltrexone) e una buona risposta a questa molecola nel trattamento dell’alcolismo (Si veda in Note e Notizie 28-01-12 Alcolismo trattato secondo il genotipo, in cui si propongono le tappe che portarono all’uso nell’alcolismo).

[6] Circa i rapporti fra alcool e serotonina si vedano: Note e Notizie 23-09-06 Alcool e serotonina: una nuova traccia per l’alcoolismo; Note e Notizie 30-09-06 Alcool e serotonina: il rischio di una sopravvalutazione.

[7] Il noto canale ionico pentamerico che, storicamente, è stato il primo recettore identificato e a lungo il più studiato.

[8] La vareniclina, un agonista parziale dei recettori nicotinici dell’acetilcolina α4β2, alle dosi in grado di ridurre l’effetto a ricompensa della nicotina determina anche una significativa riduzione del consumo di alcool. Si veda: Note e Notizie 17-11-07 La vareniclina combatte fumo e alcool.